Nel corso del vertice di Madrid i capi di Stato e di governo della Nato hanno approvato il nuovo Concetto Strategico, un documento programmatico che definisce le priorità, gli obiettivi e le linee-guida dell’Alleanza per il prossimo decennio. I 12 anni trascorsi dall’adozione del precedente Concetto Strategico hanno definito enormi cambiamenti a livello internazionale: lo spostamento del baricentro strategico ed economico verso l’Asia; l’accresciuta influenza e assertività della Cina sullo scacchiere globale; l’espansionismo della Russia e il ritorno della guerra in Europa. Il mondo e i rapporti di forza sono cambiati profondamente e di conseguenza l’Alleanza Atlantica cerca di adattarsi al nuovo contesto strategico odierno.
I nemici: Russia e Cina
Nel Concetto Strategico approvato a Lisbona nel 2010 la Nato definiva la Russia un “partner”. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha ovviamente cambiato le carte in tavola e di conseguenza oggi Mosca viene considerata la “minaccia più grande per l’intera Alleanza”. Per contrastare l’espansionismo russo i paesi Nato hanno deciso di rafforzare il fianco orientale, creando la prima base americana permanente ed incrementando i numeri della forza di risposta rapida (Rapid Reaction Force) fino a 300 mila effettivi (attualmente sono 40 mila). I leader occidentali hanno ribadito il sostegno a Kiev “per tutto il tempo necessario” ma le divergenze all’interno del fronte occidentale sono evidenti.
Se da una parte Stati Uniti (Dottrina Austin), Regno Unito, Polonia e paesi Baltici vogliono mettere all’angolo Putin neutralizzando il suo arsenale militare, dall’altra Italia, Germania e Francia non vogliono “umiliare” Mosca e puntano ad un compromesso nel medio-termine. Lo scenario tracciato oggi dalla Nato ricorda il doppio binario della Guerra Fredda, quando le capacità militari si confrontavano ma allo stesso tempo si dialogava su armamenti, non proliferazione e deterrenza nucleare per evitare l’escalation. Nonostante tutte le divisioni, una cosa è certa: l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha rafforzato l’Alleanza, che – di fronte ad un nemico su cui concentrarsi – ha ritrovato un senso e uno scopo. Basti pensare che solo tre anni fa Emmanuel Macron parlava di un’organizzazione in “stato di morte cerebrale” e Donald Trump non perdeva occasione per picconare l’Alleanza.
E la Cina? Nel 2010 addirittura la Nato non menzionava la Cina nelle sue strategie mentre oggi la definisce una “sfida sistemica”. Pechino è accusata di “minare la sicurezza dell’ordine globale basato sulle regole” e di contestare il diritto internazionale sul fronte spaziale, marittimo e cibernetico. Da anni la Cina è una superpotenza economica e presto lo sarà anche in ambito geo-strategico e militare. È per questo che il Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha dichiarato di voler monitorare l’evoluzione del Dragone. Ulteriore motivo di preoccupazione è l’alleanza tra Pechino e Mosca, che la guerra in Ucraina ha reso estremamente forte. Il fatto che al vertice di Madrid fossero presenti anche Australia, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud denota la volontà di contenere l’espansionismo cinese nell’Indo-Pacifico. Questo quadrante è infatti una priorità per gli Stati Uniti, ed in maniera crescente per il Regno Unito, come dimostra l’accordo AUKUS ma non è detto valga lo stesso discorso per buona parte degli altri alleati.
L’adesione di Svezia e Finlandia e il sacrificio dei Curdi
La notizia storica è senza dubbio l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato. I due paesi scandinavi hanno infatti deciso di interrompere la loro storica neutralità (80 anni per quanto riguarda la Svezia e 200 anni per quanto riguarda la Finlandia) di fronte ad una Russia sempre più minacciosa e imprevedibile. In questo modo la linea di confine tra Paesi membri e Federazione russa si allungherà di 1340 chilometri edil fianco nord della Nato si rafforzerà. Ma a quale prezzo è stato raggiunto l’accordo? Per includere nuovi membri nell’Alleanza è necessario che ci sia l’unanimità, condizione che non c’era fino a pochi giorni fa a causa del veto posto dal presidente turco Erdogan. Il sultano di Ankara ha infatti chiesto e ottenuto la firma di un memorandum d’intesa.
Nel testo Finlandia e Svezia hanno dichiarato che “estenderanno il loro pieno sostegno alla Turchia” in materia di sicurezza nazionale, confermando che il PKK (Partito Curdo dei Lavoratori) è “un’organizzazione vietata” e pertanto “adotteranno misure concrete per l’estradizione di criminali terroristi” dai loro paesi e per “proibire le attività di raccolta fondi e reclutamento del PKK e dei suoi affiliati”. Attualmente sono 33 i membri del PKK e gli affiliati alla rete FETO, ritenuta responsabile del tentato golpe del 2016 a Istanbul. Svezia e Finlandia hanno promesso inoltre di cancellare tutte le restrizioni nelle esportazioni di armi alla Turchia imposte dal 2019, dall’inizio dell’attacco di Ankara nel nord della Siria.
Ma a questo punto la domanda sorge spontanea: l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato vale la consegna dei Curdi che tanto hanno aiutato l’Occidente nella lotta contro l’Isis? L’impressione è che si dovesse trovare un accordo senza sacrificare i Curdi ed esaudire ogni richiesta di Erdogan.